LA STORIA SEGRETA DEL NOVECENTO geopolitica, geoeconomia, profili strategici, scacchieri operativi nascosti e spazi esoterici.
L’obiettivo che mi propongo di raggiungere con questo sito è quello di svelare e rendere di pubblico dominio aspetti occultati dalla storiografia ufficiale. Un colloquio, quello con i visitatori di queste pagine, senza astuzie e senza riserve. Andare oltre le immagini di superficie, oltre gli stereotipi, l’ufficialità mass--mediatica che tutti conoscono, ma scavare, invece, nel profondo alla ricerca di verità sconosciute contro il terribile potere dei preconcetti. La mistificazione è sempre possibile perché nascondere è altrettanto facile che svelare. Arte dell’interpretazione. Orizzonti temporali di lungo periodo per cercare sempre la libertà dall’opinione degli altri. Lo studio scientifico della storia contemporanea ha a che fare spesso col misterioso, col nascosto alla vista; esoterico, per “iniziati”, appunto: appartenente a certe supposte scienze situate al di fuori della consapevolezza corrente. Da storico e scienziato mi sento libero di esplorare le ragioni di tutti in tutte le direzioni a 360 gradi. Ritengo perciò di definire il mio mandato specifico come una battaglia contro i settarismi. Un’opera nitida, un manuale di resistenza contro l’omologazione culturale, ideologica, storica e politica. Fondare nuove sintesi storiche Il principale obiettivo di questo sito è quello di costituire una faglia energetica, un portale in grado di illuminare la mente e l’anima perché lo scrivente vuole ridare il via a qualcosa. Per operare scelte “elementari”, il più delle volte, ci vuole coraggio, anche se le nuvole all’orizzonte minacciano un temporale. Il criterio dell’originalità, presente in ogni attività creativa, non è tuttavia criterio sufficiente se disgiunto da una legalità generale che consente all’attività di essere riconosciuta da altri individui. L’accadere della creatività secondo regole è ciò che la distingue dall’arbitrarietà. Il carattere creativo è contrassegnato da una forma di pensiero divergente che – al contrario di quello convergente tendente all’unicità di risposta – presenta originalità di idee, fluidità concettuale, sensibilità per i problemi, capacità di riorganizzazione degli elementi in analisi e produzione di risposte diverse fra loro. Chi scrive è convinto che, con l’incipiente oligarchizzazione della “cultura” (intesa come potere autoreferenziato privilegiato e castalmente dinastico nella trasmissione), si assista – per conseguenza – all’affermazione parallela della qualità alta della ricerca indipendente. Via via che ho esaminato nuovi documenti, sono rimasto sempre più sconcertato dalla pochezza dei ragionamenti faziosi dell’establishment politically correct, portati avanti da “soggetti” il cui unico intento è quello di perseguire una sorta di secondo fine allo scopo di occultare la vera natura dei dati. Per non parlare poi dello strapotere, ormai quasi divenuto telecraticamente inattaccabile, dei cosiddetti “dilettanti della storiografia”, autori di libruzzi inventati, automaticamente – data la devastante ignoranza del pubblico italiota medio – assurti al rango di bestsellers. Questa discrepanza tra la realtà e la percezione della realtà è anch’essa una manifestazione di un’epoca contrassegnata dalla ipocrisia, dalla demagogia e da una informazione ideologizzata. In questo senso io mi ritengo un mattone, un mattone che è uscito fuori dal muro di omertà che è attorno a noi. La maggior parte dei canali comunicativi offre un prodotto notevolmente omogeneizzato e le maggiori agenzie di stampa ed informazione – politica, storica e geopolitica – si caratterizzano per una standardizzazione prefabbricata delle notizie che spesso risulta soffocante ed inquietante. Quello che arriva al pubblico come “pane quotidiano” dalla politica interna e mondiale è che le cose non sono mai chiare. La verità è sempre inaccessibile e nessuno la conoscerà mai con certezza. Abbiamo anche imparato che la falsità fa parte degli strumenti ordinari della politica, che tutto avviene dietro le quinte, con la certezza che una buona pubblicità conti di più della correttezza espositiva. La ricerca di quella che una volta si chiamava “egemonia”, si risolve in una lotta per l’apparenza pubblicitaria; è una tendenza ad essere sulla scena, e tutti i propositi “trasgressivi”, tutte le apparenti contestazioni, fratture, stravolgimenti linguistici ed estetici, diventano conformismo, finiscono addirittura per assumere una mera funzione pubblicitaria. Chi scrive si propone di elaborare storiograficamente e politicamente una forza critica che può spiazzare, lasciare sorpresi e perplessi, mettendo in dubbio parametri di giudizio che si credevano e si credono consolidati ed acquisiti. La mia disposizione storico-politica è quella di mettersi in gioco in nome della “verità” a 360 gradi, senza cautele e tatticismi istituzionali, sperando di non rimanere, per questo, invisibili. Rieducare l’intera opinione pubblica interna ed internazionale alla coscienza del ruolo della spiritualità geografica nella storia, in modo che ogni lettore smetta di pensare da provinciale, e pensi invece in termini di interi continenti. Ognuno di noi è, in qualche modo, un attore sul palcoscenico della politica mondiale. Non si deve avere una mentalità ristretta, si deve pensare a spazi vastissimi, interi continenti considerando l’evoluzione dei fatti storici nell’ambito di sconfinate prospettive temporali. A complicare il problema di interpretare ruoli ed equilibri del vasto scenario politico del XX° secolo (e, per conseguenza, del XXI°) si è palesata l’”imperiosa” crescita della disinformazione semplicistica della televisione e della carta stampata. Vi sono, purtroppo, infatti, troppi spiriti timorosi, la cui capacità di comprendere è stranamente limitata da idee preconcette. Si regredisce a stati meno organizzati dell’attività psichica, si perdono i nessi logici abituali ed il materiale culturale e storico si mescola in modo confuso. L’alterazione della verità attraverso le montature mediatiche perché se è vero che non si può ingannare tutti per sempre, è pur vero che si può ingannare troppi per troppo tempo. Si possono ingannare tutti, se la pubblicità è giusta ed il budget è sufficiente. Si pensi a quanti anni sono dovuti passare perché si rivelassero finalmente al grande pubblico dei non addetti ai lavori – ci riferiamo allo speciale in due puntate di fine agosto e 6 settembre 2004 su RaiTre dal titolo Carteggio Churchill-Mussolini: l’ultima verità di Maria Luisa Forenza e Peter Tompkins – solo una piccola parte degli intrighi sconvolgenti connessi al carteggio segreto tra Mussolini e Churchill, vera ragione della morte del Duce e delle centinaia di successivi omicidi (a cominciare dalle uccisioni di Luigi Canali “Neri” e della sua compagna Giuseppina Tuissi “Gianna”, di Carlo Alberto Biggini) operati nell’Italia settentrionale dai partigiani comunisti e da oscuri sicari dei servizi segreti stranieri (ed italiani) nei mesi ed anni seguenti all’aprile 1945. E tra questi va annoverato l’assassinio politico del giornalista de <<Il Meridiano d’Italia>> Franco De Agazio il 14 marzo 1947 legato anch’esso agli inconfessabili risvolti della corrispondenza top secret del primo ministro inglese col premier fascista, così come alla torbida nascita della Prima Repubblica ed alle “purghe lariane” annodate alla sparizione dell’”oro di Dongo” ed all’incameramento illegale dei beni della R.S.I. da parte del P.C.I.. Piazzale Loreto, quindi, è tutto ciò che di velenoso e vergognoso vi si cela dietro, a cominciare dalla falsa autopsia sul cadavere di Mussolini, su cui, mutatis mutandis, sono state compiute le medesime operazioni perpetrate dalla CIA sulla salma di (Jack) John Fitzgerald Kennedy nel 1963 dopo e durante il complotto assassino di Dallas. Uno degli incubi professionali che non mi ha mai lasciato è il senso della caccia alle streghe che questa vicenda può acquistare; una vera iattura per chi tenta di ricercare la vera verità sulle ultime ore di Mussolini e della Petacci: the crux of the matter, il punto cruciale dell’intera questione per dirla all’inglese. Oggigiorno, chi metta in dubbio i dati di fatto della velenosa scia di sangue scaturita, in parte, ma fisiologicamente, dall’avidità assassina di Winston Churchill per recuperare nel periodo 1945-1949 le lettere segrete scambiate con Mussolini, non deve essere definito incredulo, ma insipiente. A tutta questa tenebrosa faccenda abbiamo dedicato buona parte delle nostre ricerche e dedicheremo molto nel futuro prossimo. Per gli italiani si potrebbe coniare il titolo di un avvincente libro o film sui segreti della morte del Duce – che sono poi i segreti del nostro ingresso nella seconda guerra mondiale il 10 giugno 1940 -: Gli italiani e la 2ª guerra mondiale: liberi di non sapere. Come uno spirito maligno che si è colpevoli di aver risvegliato, alla stregua di Prometeo; si scatena, infatti, sempre una campagna di aggressione morale, si sviluppa una spirale di denuncia, si articola contro chi investiga un mosaico di sospetti. Parti politiche strumentalizzate, stampa coinvolta da collegamenti ideologici o da esigenze commerciali: la macchina demolitrice della verità e della persona umana è al centro. L’ignoranza dei molti sprovveduti gareggia con la malafede dei pochi interessati. L’opinione pubblica, una certa opinione pubblica – che però coincide solo con l’opinione pubblicata -, il sinedrio gretto dei benpensanti, riempie gli spalti dell’anfiteatro, ma non da spettatrice, bensì da suggeritrice con il dito puntato. La demonizzazione culturale talvolta raggiunge il parossismo come in certi processi politici. Una strage deve avere quella determinata matrice e guai ai giudici che non realizzano un processo sommario con questo risultato: Res iudicata facit de albo nigrum et de quadrato rotundum. Il giudice ha, come lo storico fazioso ed il giornalista prezzolato, come il conduttore telecratico dei talk shows, come il mago delle favole, il sovrumano potere di operare nel mondo del diritto (e dello spettacolo, la giustizia-spettacolo con le claques teatrali tipiche di certa, anzi tanta, televisione da osteria) le più mostruose aberrazioni, le più spericolate metamorfosi e di dare alle ombre parvenze di verità: e poiché nel suo mondo sentenza e verità debbono alla fine coincidere, egli può, se la sentenza non si adegua alla verità, ridurre la verità alla misura della sua sentenza (che è poi una menzogna). Si dà il nome di “religione”, del resto, alle notizie tramandate e, dopo il 29 aprile 1945, gli italiani (anzi, una parte di essi) hanno deciso a cosa si voglia credere ed a cosa no. Gli apocrifi sono, infatti, i testi esclusi dai “sacri” canoni della vulgata ufficiale. La retorica antifascista, politica e storiograficamente militante, ha avvelenato l’informazione nazionale, condannando, forse per sempre, l’Italia ad una visione provinciale della storia, della economia, della politica e della geopolitica mondiali, costituendo un serio vulnus alla proiezione internazionale del nostro Paese. 10 giugno 1940, 25 luglio 1943, 8 settembre 1943 (in realtà 3 settembre 1943) e 28 aprile 1945: oggi la complicazione non sta nel dimostrare con argomenti provati quanto qui accennato, ma nel trovare qualcuno che lo faccia con rigore scientifico e con spirito modernizzante. Personalmente sono sconcertato che in tanti libri e saggi e nei più dei media non si trovi con chiarezza l’anomalia originaria fonte di distorsioni strutturali poi non corrette perché vantaggiose per troppi interessi. Anzi, la distorsione è persino celebrata come modello avanzato da difendere. E qui nasce il sospetto forte che tali interessi influenzino quel mondo della ricerca, della cultura e dei media che dovrebbe informarci. La storia e la verità sembrano ostaggio della menzogna e della paranoia. In questi 60 anni si è lavorato, con ossessiva determinazione, per tenere lontana dai fatti l'opinione pubblica. Chi scrive ha – per vocazione e per tradizione familiare - l’inopportuna tendenza di dire sempre la verità in una società in cui vige la regola di dire e scrivere cose false ed allora ci si può trovare circondati da gente che si è adattata a tradurre le menzogne dei più in una forma più intermedia e meno imbarazzante. Una verità costruita in laboratorio, una verità di Stato. Nulla si sa, tutto si immagina. La storia imbarazzata, la storia rimossa, la storia ideologizzata che celebra le stagioni “eroiche” senza parlare degli angoli bui e delle zone d’ombra. Di fronte ai salmi sessantennali della “religione” antifascista recitati da elaboratori di disinformazione meschini e limitati negli atteggiamenti e nelle valutazioni, la mia dolorosa sensibilità di storico indipendente, per vocazione e per gusto, si muove su altre linee di ricerca per operare uno strabiliante mutamento di prospettiva, una revisione storica di enorme portata con saggi scientifici dal potenziale esplosivo inimmaginabile pieni di indagini intricate ed affascinanti. Aprire uno squarcio risolutivo nel muro delle omertà storico-politico-diplomatiche con cui si è cercato di occultare il vero spessore dei rapporti segreti del secondo conflitto mondiale (della sua genesi, del suo imprevedibile corso e delle sue conseguenze), alzando il sipario sulle trame di retroscena della vicenda: questo il mio compito. Proprio in contrapposizione alla febbrile e continua attività di manipolazione o di dosaggio della verità che ha dato luogo ad un vero e proprio capolavoro di anestesia della realtà con un relativo iter di privazioni sensoriali. Abbiamo cercato e cercheremo di stabilire a posteriori la verità su tutti i misteri che portarono l’Italia in guerra nel 1940. Più si studia l’argomento, più domande si accumulano e più la linea diventa contraddittoria quando non un insulto all’intelligenza ufficiale. Mentre la guerra 1939-1945 è ancora in corso, l’establishment USA ed inglese riconosce la centralità del controllo del flusso selettivo delle informazioni per la conquista della egemonia mondiale. Molto tempo prima che il mondo nel suo complesso potesse prendere qualche contromisura da opporre, gruppi statunitensi privati e governativi stavano attivamente promuovendo su vasta scala la propria supremazia culturale, cinematografica ed informativa. Si pensi, solo per fare un esempio, allo smantellamento della fascista Agenzia Stefani e della sua incorporazione nell’ANSA, emanazione dell’Associated Press. Stiamo parlando di potere culturale concentrato. Non ci riferiamo soltanto alla lunga tradizione di cooperazione tra Hollywood ed il Pentagono, ma anche ai finanziamenti dell’O.S.S. (Office of Strategic Services) – antesignano della C.I.A. – al cinema neorealista di Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e Billy Wilder tramite il domenicano Padre Felix Morlion. È molto vero, riguardo al degrado culturale televisivo degli ultimi anni, che la gente non pensa, ma subisce. I fabbricatori della storia ufficiale credono, con la loro “verità” ex cathedra, credono se stessi indispensabili all’uomo. Ma se gli uomini davvero altro non sono che polvere, allora anche il loro trono poggia sulla polvere. Un sovrano è forte solo quando governa su un popolo forte, e dovrebbe essere nel loro interesse rendere gli uomini forti nella capacità di giudizio e nella conoscenza. Dopo il cinquantennio del teatrino della Prima Repubblica – anche se di Prima Repubblica è erroneo parlare perché le repubbliche italiche napoleoniche (Cispadana, Cisalpina), quella Romana del Mazzini del 1849 e quella Fascista e Sociale mussoliniana del 1943-1945 vengono tutte prima di quella del 1946 - (che era pur sempre un teatro), l’attuale bipolarismo, mediocre avanspettacolo delle mezze calzette del centro-destra e del centro-sinistra della politicuzza italiota stile Seconda Repubblica post-Tangentopoli, consacra la desolazione del nulla storico-politico ad orizzonte comune di riferimento. Quella politicuzza <<politically correct>> dei cosiddetti “moderati” (leggi “impotenti”) e dei cosiddetti “progressisti”. È l’ultimo atto di un collasso psicologico iniziato il 24-25 luglio 1943. Questa gentucola, totalmente ignorante, pretende – forse per il solo fatto di mostrare i loro insignificanti volti nelle gigantografie cartellonistiche elettorali o nelle incipriate serate dei “salotti” televisivi dove avvengono i “confronti” miserevoli tra le più squallide vanità - di avere opinioni politiche pur non avendo alcuna cultura storica. Il colmo è che costoro esprimono pubblicamente e televisivamente giudizi su fatti orecchiati e completamente ignorati senza essere minimamente contraddetti dai conduttori telecratici, ignoranti (e mentalmente ristretti) da par loro. Non mi interessa e non so per quanto tempo ancora continueremo ad avere tutti questi “signori” tra i piedi. Non so per quanto tempo gli uomini (e gli italiani in particolare) del XXI° secolo continueranno formalmente a piegarsi al terrore delle intimidazioni della protervia della pochezza culturale e delle relative misure coercitive. Con ogni verità grigia e sconosciuta, politicamente scorretta, che si brucia sul rogo dell’Inquisizione del benpensantismo mediatico, si accende, in realtà, una luce di speranza e di resistenza per gli uomini che verranno. Perché sebbene gli uomini siano prigionieri dell’ignoranza e dell’errore, essi sono anche in grado di imparare dai loro errori e di superare la loro ignoranza. Erra in tutto solo colui che sostiene di non errare mai, e di non dovere conquistare, come tutti gli altri, la verità del sapere a partire dagli errori del suo cercare; uomo siffatto condanna se stesso in eterno alla incorreggibilità ed alla paralisi intellettuale nel bel mezzo del deserto del suo presunto sapere. Più di tutti però sbaglia colui che cerca di legare la verità a un potere imbalsamato ed all’ottusità delle cariche e dei titoli, anziché alla ricerca ed all’anelito degli uomini. Non credo che esista sulla terra un individuo che diventi più intelligente per il fatto che indossi una toga, una divisa od un ermellino. Non si dovrebbe pensare che un somaro resterà un somaro e che anzi diverrà un somaro ancora peggiore se di lui si vorrà per forza fare una scimmia al servizio dello Stato? È solo perché la carica viene sempre considerata più importante dell’uomo in carne ed ossa che la loro rivendicazione di possedere la verità ufficiale induce i fabbricatori di quest’ultima a considerare la verità viva, e spesso grigia, degli uomini alla stregua di una minaccia, e a sopprimerla ovunque sia per essi possibile. Scrisse Mussolini: <<Vent’anni di fascismo nessuno potrà cancellarli dalla storia d’Italia. Non ho nessuna illusione sul mio destino. Non mi processeranno, perché da accusato diventerei pubblico accusatore>>. I colpi di mitra frettolosamente esplosi dai sicari partigiani e “segreti” a Giulino di Mezzegra(?) contro il Duce di Palazzo Venezia, sottraggono nell’aprile 1945 Mussolini ad un processo dall’esito tutt’altro che scontato, in cui il Capo Fondatore del Fascismo Italico e Mondiale avrebbe – documenti alla mano – potuto dimostrare davanti al mondo intero la sua buona fede e l’inganno dei mandanti esteri ed italiani del suo assassinio. Ha probabilmente, a nostro avviso, ragione Sergio Luzzatto quando – citando Giuseppe Bottai – scrive che <<fin dal 1922 un intero progetto di società futura era stato caricato sulle spalle di Mussolini….(…) Lo Stato fascista si era incarnato nel corpo del duce>>, per cui <<Mussolini non aveva fatto altro che recitare un copione scritto da quaranta milioni di mussoliniani>>. Un Mussolini visto, quindi, come una <<maschera riepilogativa, mandata dal destino a farci da specchio….(…) che riconosceva come un errore la propria rinuncia ad assumere in pieno le funzioni di tiranno>>. Nella nostra più recente e seriale – programmiamo altri quattro monumentali studi – ricerca sui lati “nascosti” della guerra 1939-1945 c’è la sicura consapevolezza di aver superato una soglia segreta e proibita che ha lo scopo di far spaziare la propria vista e quella degli altri. Essere gli incontrastati proprietari delle nostre idee, a maggior ragione se originali e controcorrente. Sono proprio quelle il nocciolo dell’identità di ognuno di noi. Siamo in netta antitesi a quella che viene chiamata “storiografia militante”. In questo momento, più che nel passato, la Filologia, il rispetto delle regole storiche, delle concatenazioni degli eventi, il gusto della Storia come conoscenza dell’uomo, perdono terreno rispetto alla volontà di suscitare reazioni violente ed emotive ed alla ossessiva ripetizione di grossolanità e luoghi comuni spacciati per scoperte e per grandi verità. Parlare per trovare applausi da idioti, parlare orientandosi a quanto i cortili vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinioni comuni, è un'autentica prostituzione della parola e dell'anima. Penso all’eccessivo peso dato alla deprimente narrativa italiota ed estera, ai soliti squallidi salotti dei premiuncoli letterari di casa nostra dove vanno avanti solo le nullità mondane ed anche alla pochezza della cultura storica (nonostante apprezzabili tentativi di pochi seri autori di saggistica) ed alla crisi della carta stampata in Italia. Nel nostro Paese si vendono circa 6 milioni di quotidiani; nel 1938 (all’apice dell’era fascista, con una popolazione di circa 40 milioni ed il 20% di analfabeti) se ne vendevano 5 milioni e mezzo. Negli altri Paese europei e negli USA si vendono il triplo ed il quadruplo di quotidiani ed è singolare che gli editori della nostra stampa, impegnati in prima fila a spiegare per quali motivi l’Italia sia fuori dall’Europa, non si siano mai interrogati sulle magagne, le carenze, le insufficienze ed i pressappochismi di casa propria. C’è una spiegazione semplicissima per tutto ciò: i quotidiani italiani sono brutti e fatti male ed il tasso di eleganza tipografica (quasi del tutto inesistente) si va abbassando in conseguenza dell’abbassamento culturale della popolazione e dell’approfondimento dei pochi seri argomenti trattati ed in conseguenza della stupidità di contenuti e titoli. I giornali italiani sono prigionieri di un unico “modello” culturale che impone a tutto il mercato un’analoga gerarchia di notizie e la medesima interpretazione. Sono l’unico stesso “giornale”. I grandi quotidiani sono tutti saldamente in mano alle grandi famiglie imprenditoriali che hanno la stessa matrice “culturale” ed i medesimi interessi lobbistici. Inoltre, l’interpretazione della realtà è ferreamente affidata ad una categoria di “intellettuali”-commentatori pervasi da un conformismo assoluto. E tutti, con accenti diversi, seguono la stessa monotona linea perbenista, melliflua e viscida, interpretando i dati della realtà in modo da farli coincidere con le tesi prefissate. Si è venuta a creare, pertanto, una profonda spaccatura fra l’opinione pubblica “colta”, che legge i testi, e la massa inebetita che assiste passivamente a dibattiti preordinati e sostenuti da burattini che devono sostenere la parte, ammantati da un’ignoranza profonda travestita da pseudo-progressismo d’accatto. Il conformismo è il carceriere della libertà ed il nemico della crescita. In Italia negli ultimi 25 anni si è perso oltre un milione di lettori di giornali. Il risultato è che solo una persona su dieci compra regolarmente un giornale. Nel resto d'Europa la percentuale è tripla. Il virus del conformismo minaccia le nuove generazioni. Insegnare a queste ultime ad approfondire la conoscenza, ad estendere il vocabolario che rischia di diventare sempre più povero, e ad allargare gli orizzonti. Ci siamo posti, nella nostra ricerca della sintesi storica del periodo 1919-1945, il problema della persistenza carismatica post-mortale di Benito Mussolini, alimentato anche dal fatto che dalla figura del politico di Dovia emana forte trascendenza nei confronti della banalità della vita quotidiana. La vitalità post-mortale del Duce proletario e fascista ci induce a pensare che ancora adesso gli italiani non si siano confrontati con il problema della sopravvivenza simbolica di Mussolini. <<Se mai Mussolini aveva commesso un delitto, era stato – per Montanelli citato da Luzzatto – non già di instaurare il terrore fascista, ma di rinunciare a instaurarlo>>. <<Alla fine di aprile del 1945, Mussolini aveva raggiunto Milano proprio affinché il cerchio del fascismo si chiudesse là dove egli l’aveva aperto nel 1919, perché la città del crucifige fosse la medesima dell’osanna>>. <<Il vulcanico artefice del Ventennio delle illusioni. Di illusioni si era trattato; di quelle però che nobilitano la vita, o almeno danno un senso alla giovinezza: trasformare un paese, vincere una guerra. Sicché – prosegue Luzzatto – Longanesi poteva odiare il fascismo per il male che aveva causato all’Italia, e insieme riconoscere nel duce l’unico statista dell’Italia moderna che avesse chiesto agli italiani qualcosa di serio>>. Ecco perché è necessario studiare la psiche e ci addentriamo nei misteri della mente del Capo del massimalismo socialista prima, del Fascismo non monarchico (anche se compromesso colla Monarchia Savoia) dopo, e, da ultimo, di quello Repubblicano della R.S.I. E su la Repubblica Sociale Italiana, che Mussolini avrebbe voluto inizialmente chiamare Repubblica Socialista Italiana, ci “azzardiamo” ad osservare che – per i provvedimenti collettivistico-socialistici da essa (il nome del fondatore del PCd’I Nicola Bombacci basterà a far capire ciò che intendiamo dire) adottati – se in Italia nel Novecento vi è stato un unico vero Partito Comunista, questo è stato solo il Partito Fascista Repubblicano. La Repubblica di Bogliaco Uno dei tanti macroscopici errori storici e culturali è stato quello di definire sbrigativamente e caricaturalmente la R.S.I. come Repubblica di Salò. Perché, invece, ritengo – e mi farò estensore d’ora in avanti di questa missione – che si debba introdurre, casomai, il termine di Repubblica di Bogliaco; in questa frazione lombarda di Gargnano ebbe, infatti, la sede la Presidenza del Consiglio dei Ministri mussoliniana, mentre a Maderno furono stabiliti il Ministero degli Interni e la Segreteria del P.F.R. (Partito Fascista Repubblicano), a Salò i Ministeri degli Esteri, della Cultura Popolare e la sede della Agenzia Stefani, a Gargnano (Villa Feltrinelli) la residenza del Duce ed a Villa Orsoline il quartier generale. Gli altri ministeri erano collocati a Cremona, Milano, Brescia, Venezia, Verona e Padova. Perché si sia perpetrato per 60 anni il termine – assolutamente errato e privo della benché giustificazione storica – di <<Repubblica di Salò>> è un “mistero” che si può spiegare solo con un fine d’inquinamento della verità forse legato anche alla ridicolizzazione nominalistica di un’esperienza ancora da sezionare attentamente. Ad un’analisi che non sia motivata da un obiettivo pregiudiziale di semplificazione, il problema è, infatti, quello di vedere nel Manifesto di Verona della R.S.I. una risoluta dichiarazione di fronte al mondo di patriottismo repubblicano e volontà di espansione da parte di un governo certamente più legittimo di quello badogliano nel senso che non è stato frutto di un colpo di Stato di palazzo come quello scaturito dal 25 luglio 1943. La “verità incoerente” potrebbe intitolarsi una biografia di Benito Mussolini; pensiamo al problema del tanto declamato antigiudaismo del Duce. Problema complesso se si considera che la vera donna-musa-amante di Mussolini è stata l’ebrea Margherita Grassini Sarfatti, autrice di DUX nel 1929; se si considera che nel 1932, quando Hitler in Germania è già in primo piano, Mussolini concede solo all’ebreo tedesco Emil Ludwig – per 12 giorni, dal 23 marzo al 4 aprile 1932 nella sala del Mappamondo di Palazzo Venezia – di tracciarne un acuto e provocatorio profilo biografico per il resto dell’opinione pubblica internazionale che saranno poi i Colloqui con Mussolini, per i tipi di Mondadori. Il quale Ludwig scriverà, dopo la seconda guerra mondiale: <<Indubbiamente nessun contemporaneo russo o inglese ha avuto tanta comprensione degli ebrei, come Mussolini di fronte a me nel 1932. Sfruttai questo argomento contro HItler ed egli mi seguì su questa china tanto più facilmente, in quanto nessun italiano può essere antisemita per ragioni razziali o spirituali. (…) Per più di un decennio Mussolini è stato l’europeo più popolare in America e di fronte a lui l’opinione pubblica mondiale non ha provato il disgusto suscitato da Hitler, perché egli non ha mai parlato della superiorità del popolo italiano sugli altri, ma ha predicato anzi, come risulta in molti punti dei colloqui, la tolleranza verso gli altri, che non è ammessa dalla concezione nazista>>. Nonostante le leggi razziali del 1938, che sono molto più complicate della semplice enunciazione e che quasi nessuno di coloro che le citano oggi è mai andato a leggerle attentamente, nonostante esse, va detto che, fino al 25 luglio 1943, quando dopo il colpo di Stato monarchico badogliano i tedeschi non riconosceranno più la legittimità di un governo italiano, nessun ebreo fu mai deportato dall’Italia. Gli ebrei deportati successivamente (8mila su un totale di 50mila) furono arrestati su ordine dei tedeschi, non degli italiani. La declamazione della parola politica sulla scena storica del Ventesimo secolo: Mussolini, Politico totale, Attore Totale Per rendersi conto di un’influenza nascosta ed inconscia del Duce ad oggi, basta andarsi a rivedere attentamente quei discorsi mussoliniani, autentici documenti per i posteri organizzati con quella tecnica oratoria piena di stringhe fonetiche in giuntura chiusa, con quel particolare schema intonativo, con la concatenazione delle sillabe ed il posizionamento accurato delle pause con un’impressione di rallentamento dell’eloquio. Durante la transizione dal silenzio al parlato, una misteriosa atmosfera di suspense soprannaturale avvolge il luogo del comizio quasi che Mussolini riuscisse a desincronizzare e fermare le pulsazioni cardiache proprie e della folla di ascoltatori e spettatori a suo piacimento, entrando in uno stato di assoluta catalessi, iniziato ai misteri del silenzio e dell’immobilità. Guardiamo l'immenso Tsunami umano che si riversava intorno a Palazzo Venezia sul tappeto magico di un'acclamazione sismica, dopo ogni parola sospesa del Duce. Con una segreta catena di disciplina ed autodominio, il Mussolini oratore è uno spettacolo senza tempo: una pietra miliare della declamazione politica e della comunicazione scenica; stiamo parlando di quelle “catene magnetiche” che il leader romagnolo gettava sul pubblico senza sforzo ed in modo quasi impercettibile, per cui la direttrice palco-pubblico diventa un luogo, in un certo senso ipostatizzato. Ed il Duce, dialogando con la folla, ha per contenuto il fondo misterioso della propria formazione mitificante. La conoscenza di questo principio strutturatore, lo sviluppo della sua realtà occulta è il punto di inflessione del nostro tempo. Sergio Luzzatto, Mussolini buonanima, EJGS Archive – Luzzatto, in http://www.arts.ed.ac.uk/italian/gadda/Pages/resources/archive/ fascism/archivi/luzzatduce,html, pp. 1-40, pp. 10-11. Emil Ludwig, Colloqui con Mussolini, Prefazione di Indro Montanelli, Mondadori, Milano, 2000, Introduzione, p. XXXVII e p. XXXIX. I salmi sessantennali della "religione antifascista" sono sostenuti dagli "intellettuali" di regime, i quali rifiutano d'indagare perché si basano sulla verità ufficiale. Alle mie operazioni non sono stati – e non saranno – mai posti limiti geografici per farsi una visione più ampia del problema. Risolvere il passato, cambiando gli schemi mentali perché ci sono vari modi di memorizzare la Storia, non sussistono standards univoci. L’unico standard che seguiamo è il rigore critico nell’analisi dei fatti specie riguardo alla complessità espressiva di un termine come il fascismo ed alla sua inesauribile e sfaccettata ampiezza semantica. Nel corso degli ultimi 50-60 anni gran parte della storiografia ufficiale è riuscita a mettere a tacere in modo esemplare le voci contrastanti. Molte attuali indagini scientifiche sono vincolate da una impostazione mentale ristretta, i cui parametri vengono tacitamente definiti ed applicati in base ad un accordo collettivo, secondo cui il risultato non deve mai oltrepassare un limite prefissato. Il nostro scopo è quello di giungere a dimensioni storico-politiche di pensiero più vaste, che trascendano le obsolete barriere mentali, dimensioni in cui è possibile ascendere a livelli superiori di conoscenza senza perdere le certezze scientifiche. Noi, con queste pagine e con i nostri lavori cui rimandiamo i nostri interlocutori, abbiamo posto la questione affinché Voi diate una risposta. Restiamo in attesa di una o più risposte. Siamo, comunque, consapevoli che chi accende una luce nel buio si attenda le zanzare. In Italia ed in Europa è “facile” parlare, è difficile approfondire. Sovvertendo l’intero paradigma storico corrente, nostro scopo è quello di analizzare con imparzialità i dati che abbiamo raccolti, raccogliamo e raccoglieremo, anche se possono cambiare completamente i canoni storici ufficiali. Qualcuno tenterà di censurare i cervelli, manovrare la stampa, chiudere le bocche a chiave. Ma ci sarà sempre un uomo disposto a correre il rischio di dire la verità. E la verità verrà ascoltata… Si legge in un rapporto (conservato nel Record Group 226 dei National Archives and Records Administration americani) redatto dalla Sezione Propaganda del Secret Intelligence (S.I.) della Strategic Services Unit (S.S.U.) interna al Department of War statunitense in data 16 maggio 1946:
La volontà di interpretare i bisogni del proletariato, tradito dai partiti di sinistra, in una visione di superamento delle classi è, dal 1919 al 1945, la centrale energetica dell’ideologia e della politica fascista, movimentista e socialista. Nel 1931, ad esempio – col New Deal mussoliniano – inizia la fase <<fasciocomunista>> della ruralizzazione. Non a caso una delle bandiere del sindacalismo fascista sarà quella dell’orario lavorativo di otto ore, richiesta che sarà soddisfatta non appena conseguito il potere. Ma, come ha scritto recentemente Antonio Pennacchi (Linee e tendenze del movimento fondativo. Viaggio per le città del Duce, cit., p. 303), è un fatto che: <<Gli anni trenta del secolo scorso costituiscono sicuramente il periodo di massima attività fondatrice, in Italia, di nuovi siti, città e villaggi. Non c’è precedente in tutta la nostra storia, a partire dalla più remota antichità, di una tale e ingente massa di nuove fondazioni, concentrate in un così ristretto ambito temporale: i pochi anni cioè che vanno dal 1932 – fondazione di Littoria – al 1943, con la realizzazione dei Borghi della Sicilia e del Foggiano. Questo movimento di urbanizzazione, peraltro, non è che il corollario di un generalizzato intervento sul territorio, che porterà al totale ridisegno del paesaggio agrario della nazione – con deforestazioni, livellamenti, prosciugamenti, geometrizzazioni di strade, fondi, canali – e che costituisce davvero il monumentum perenne del fascismo, il suo ricordo indelebile, poiché inscritto nella terra. I lutti ed i ricordi anche nefasti forse passeranno, anche le case man mano crolleranno, ma le strade ed i canali no, e nemmeno le pianure riconquistate, coi filari di eucalipti che continueranno ad incrociarsi per secoli>>. Le verità amare trionfano sempre nel tempo contro ogni sopruso, contro ogni incomprensione, contro tutte le distorsioni e le falsità, quando siano custodite e difese virilmente nel dolore e nella solitudine del silenzio. Quando la maggior parte della vasta letteratura sul Fascismo sarà stata relegata in polverose biblioteche, e le generazioni a venire guarderanno ai fatti grazie ad una certa prospettiva, considerandoli nelle giuste proporzioni, la Storia d’Italia sul periodo 1914-1945 scritta da uomini come Gioacchino Volpe, Duilio ed Edoardo Susmel e Renzo De Felice brillerà di luce immortale. Dopo essere stato idolatrato – fino all’inizio degli anni quaranta del secolo scorso in migliaia di volumi èditi in Italia ed in tutto il mondo (USA in primis) – come un vendicatore dei poveri e degli oppressi, come il creatore di una terza via risolutrice tra capitalismo selvaggio e comunismo materialistico, come il fondatore di una ideale società egualitaria e giusta, 60 anni dopo la sua “misteriosa” morte, Mussolini è aggiunto, come quarto artefice del <<male assoluto>>, alla mostruosa Trinità del Pantheon negativo dei più grandi criminali del XX° secolo costituita da Stalin, Hitler e Mao Zedong; e, per l’occasione, si è generalmente diffuso l’uso del termine <<nazifascismo>> che è una categoria nominalistica priva di alcun senso storico, coniata ed inventata ad arte dalla propaganda anglo-americana dell’epoca. Perché, allora, non si parla in Italia di nazicomunismo in relazione agli anni 1939-1941 per etichettare il periodo dell’alleanza tedesco-russa del Patto Ribbentrop-Molotov? Strano, perché gli anglosassoni, già negli anni ’50 del Novecento, parlavano e scrivevano di <<Nazi-Soviet Relations>>. Nessuno che abbia contemplato la complessa Verità storico-politica può continuare a vivere in un mondo di menzogne. Da quel momento è la sua più intima coscienza a prendere in mano le redini della propria esistenza. La sensazione è quella di rinascere. Un “processo” farsa conclusosi con una conclusione oscena La morte di Saddam Hussein Al-Tikriti - primo Presidente di uno Stato arabo sottoposto ad assassinio politico tramite impiccagione dopo un “processo” farsa sotto occupazione militare anglo-americana - che lo scrivente considera, unitamente al Presidente repubblicano egiziano Gamal Abdel Nasser, il più grande leader arabo del post-1945, richiama, con enormi differenze, l’assassinio del Duce d’Italia nell’aprile 1945. Scrive Alberto Arbasino: <<In materia di dittatori, il precedente italiano basico rimane ovviamente il Duce. Però, benché ancora bambino a quei tempi, non mi par di rammentare tante richieste di sereno giudizio o di vita, con messaggi e scioperi della fame o sete o altro. Né previsioni su giustiziato che diverrà leggenda, o martire popolare. Nemmeno per i vari gerarchi o per la Petacci. Cambiano le mentalità, certo. Ma come bisogna riscrivere la Storia?>> (Alberto Arbasino, Tangenziale, <<la Repubblica>>, Anno 31, Numero 297, domenica 31 dicembre 2006, p. 19). “Giudici” e boia (con cappuccio da terrorista) a Baghdad, come a Dongo, Bonzanigo, Azzano o Giulino di Mezzegra, avevano fretta. Fretta di silenziare delle bocche ingombranti. Si vuole, così, fare perdere di vista il valore storico, documentario di Saddam o Mussolini (pur con le enormi differenze che li caratterizzano). Per ciò si eliminano. Noi continueremo ancora per decenni a dibattere su chi aveva sostenuto Saddam nella guerra contro l’Iran; chi gli aveva fornito gli aggressivi chimici e biologici; chi lo aveva convinto che l’invasione del Kuwait nel 1991 non avrebbe avuto conseguenze. E le lettere top secret di Churchill al Duce? Con l’impiccagione, alla fine di dicembre 2006 in Mesopotamia, così come con i mitra, nei pressi del lago di Como a fine aprile ’45, si è chiusa la bocca ad un testimone storico. Un testimone scomodo. L’amministrazione USA di George W. Bush ha stanziato, non a caso, 75 milioni di dollari (59 milioni di euro) per finanziare le spese del processo farsa a Saddam. Un’”inezia” se si considera che al gennaio 2007 gli USA hanno speso per la invasione criminale dell’Iraq dal 2003 la modica cifra di 300 miliardi di dollari. Seri motivi devono aver spinto gli yankees. E su chi graverà la responsabilità di aver consegnato dal 2003 l'Iraq del dopo-Saddam, a criminali infami come Abu Musab Al Zarqawi? George Walker Bush, Tony Blair (ma prima di loro Bill Clinton per le sanzioni che hanno causato il cosiddetto <<genocidio umanitario>> ai danni del popolo iracheno dal maggio 1991 al 2003, per non parlare della <<no-fly zone>>) saranno mai processati per crimini di guerra? C’è da dubitarne. Churchill (padrone dei massimi intrighi del periodo 1916-1945, annientamento inutile di Dresda in primis), Franklin Delano Roosevelt (Pearl Harbour), Harry Truman (Hiroshima e Nagasaki) e Josif Stalin (si pensi solo al “granellino” di più di 20mila soldati ed ufficiali polacchi assassinati a Katyn dalla NKVD dell’Armata Rossa) furono mai processati per crimini di guerra e contro l’umanità? Al controllo bipolare o tripolare dei destini sancito a Yalta nel ’45, si è oggi sostituito il controllo unipolare dei destini del mondo del post-1989. È in questo contesto che un consigliere del premier iracheno Nour Al Maliki, il 1° gennaio 2007, ha redarguito Romano Prodi ed il governo italiano che avevano espresso il proprio dissenso per l’esecuzione del raìs, dichiarando: <<Alla fine della seconda guerra mondiale, Mussolini è stato processato per un solo minuto. Il giudice (sic!) gli ha chiesto il suo nome ed alla risposta “Benito Mussolini” gli ha detto: il tribunale (quale, N.d.R.) vi condanna a morte e la sentenza è eseguita immediatamente>> (Marco d’Eramo, Guai ai vinti, <<il Manifesto>>, quotidiano comunista, Anno XXXVII, n. 1, Martedì 2 gennaio 2007, p. 1). Ineccepibile ragionamento che andrebbe rafforzato con la logica constatazione che il popolo iracheno si è comportato più seriamente della plebaglia turbinante di Milano del 29 aprile 1945 che ha consegnato ai posteri lo squallido e nauseante scempio di Piazzale Loreto. Saddam, almeno, non è stato appeso in un corrispondente Piazzale Loreto iracheno. Mi vergognerò sempre di essere italiano per quello che è successo la mattina di quel 29 aprile ’45 in Milano, in quel distributore di benzina. Sono macchie del disonore eterno che gravano su tutto un popolo. E dal Diario Personale di Eisenhower si legge: <<..la resa dell’Italia fu uno sporco affare. Tutte le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e perse, ma l’Italia è la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della Repubblica Sociale Italiana>>. Ed infatti, in un’epoca non liberticida come quella attuale, il 26 maggio 1954 il Tribunale Supremo Militare con una sua sentenza aveva già riconosciuto la qualifica di <<truppe combattenti>> ai reparti della Repubblica Sociale Italiana>>. Nell’estate del 1920, 25 anni prima del vergognoso 29 aprile 1945, il destino ha dato a Benito Mussolini la miracolosa, agghiacciante lucidità del profeta; <<dove le sue parole assumono precisione di cronaca costruita in anticipo, con la citazione del luogo e dei fatti; dove la narrazione sembra un appuntamento con la storia e con il destino, perché gli eventi si svolgano come egli, per altri motivi, li descrisse, è in questo periodo che riportiamo, senza aggiungere una virgola, dall’articolo Coccodrilli de <<Il Popolo d’Italia>> del 26 giugno 1920. Scrive Mussolini, all’epoca: Una Commissione d’Inchiesta, che in Italia non si nega neanche alle veline televisive, su Piazzale Loreto, sui giorni 28-29-30 aprile 1945 e sull’affaire “lettere di Churchill a Mussolini” (ed anche sulle lettere inviate da figure istituzionali francesi a Vittorio Emanuele III° prima del 10 giugno 1940), non fu e non è stata mai costituita: Mussolini faceva e fa ancora paura; meglio seppellirlo con le sue responsabilità – che sono state certamente grandi, ma complesse – e pure con le sue idee troppo scomode e complicate per questa “politica” prêt-â-porter. In fine, usando Schiller, io credo e scrivo questo su Mussolini, Unico attore Vero nel teatro della Storia d’Italia: è necessario ripetere ancora che nello spazio scenico non può aver vita se non un mondo ideale? Che il Carro di Tespi, come la Barca d’Acheronte, è così lieve da non poter sopportare se non il peso delle ombre o delle immagini umane? Che lo spettatore deve aver coscienza di trovarsi innanzi ad un’opera di poesia e non innanzi ad una realtà empirica? Mussolini, l’Uomo Nero, cosa voleva? Egli intuì l’importanza di una leadership certamente personalistica e di una concezione leninista del partito, ma nutrita di idee forti. Era un riformatore rivoluzionario che credeva "troppo" nel primato della politica sull’economia. Era popolare e populista. Ma il Mussolini di Gargnano si accorge forse tardi dei ricatti spionistici cui è soggetto. RSI e Regno del Sud ed attorno ad essi un mondo di menzogne, di doppiogiochisti e di persone che hanno due o tre maschere: indubbiamente è difficile districarsi in quelle ore, in quella fine aprile 1945. Mussolini era un laico duttile ed astuto, ma era e rimase sempre un idealista. Soreliano ed anarchico. Socialisticamente “solitario”. Nessuno gli ha mai risposto dal 1945 ad oggi. Ma Lui continua a suscitare l’attesa…
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