|
Il 1° luglio 1798 Napoleone B(u)onaparte sbarca in Africa. Il 24 luglio 1798 gli sceicchi egiziani gli consegnano le chiavi del Cairo in segno di resa. Questa stampa ritrae Napoleone, accompagnato dai capi musulmani, all’interno della camera del Re della piramide di Cheope a Giza. Cheope è la forma greca di Khufu, il nome del re figlio del faraone Seneferu (IVª Dinastia, Regno Antico 2686-2181 a.C.), cui succedette al trono. Si ritiene che in origine fosse alta 146 metri. I secoli l’hanno corrosa, riducendola all’altezza attuale di 137 metri. L’intero rivestimento esterno della piramide di Cheope era in calcare di Tura. Oggi, ad eccezione di pochi tratti presso la base, è stato tolto dalle facce triangolari. Gli archeologi non sono riusciti a calcolare con esattezza la quantità di pietra tagliata che la costituisce totalmente. Si è stimato, comunque, che, al momento del completamento dei lavori, il nucleo di pietra locale ed il rivestimento esterno di calcare di Tura fossero costituiti di 2milioni300mila blocchi, ognuno del peso di circa 2,5 tonnellate, fino ad un peso massimo per blocco di 15 tonnellate. Altri calcoli fanno, invece, arrivare il peso dei blocchi da un minimo di 2 tonnellate ad un massimo di 70 tonnellate. Secondo queste ultime stime il numero dei blocchi necessari per la costruzione sarebbe stato di 2milioni500mila. La sola cosa certa ed inconfutabile sull’edilizia delle piramidi è che i blocchi di granito e di calcare, tagliati e squadrati perfettamente (con difetti inferiori a 2,5 mm.), furono accostati l’uno all’altro in modo tale da non lasciare in mezzo uno spazio superiore ai 5 mm. L’ingresso della piramide di Cheope è ubicato nella faccia nord ad un’altezza quantificata verticalmente in metri 16,5 dal livello del suolo e si trova esattamente a metà della faccia nord stessa. Da questo ingresso un corridoio di circa un metro di larghezza scivola verso il basso contro una stanza incompiuta ad un angolo di poco superiore a 26 gradi. Nel pavimento è scavata una fossa quadrata e le rozze pareti della camera somigliano ad una cava. La parete meridionale contiene un’entrata non rifinita che si apre su una galleria senza sbocco. La presenza di tale passaggio spinge gli egittologi a credere che, se il piano progettuale originale fosse stato completato vi sarebbe stata in fondo al corridoio cieco una seconda camera oltre la prima. Un’altra ipotesi più condivisa sul corridoio e la camera incompiuta, vuole che entrambi sarebbero stati lasciati volutamente vuoti e non finiti per convincere i ladri tombaroli a credere che nella Piramide di Khufu non fosse mai stato sepolto un ricco faraone. Tale ipotesi è, del resto, confermata dalla presenza di un altro pozzo che porta al corridoio discendente, a circa 20 metri dall’entrata della camera incompiuta. Il pozzo in questione potrebbe avere avuto anch’esso lo scopo di confondere i futuri ladri. Comunque la tesi più accettata è quella che considera il pozzo funzionale, all’epoca della costruzione della piramide, alla fornitura di aria agli operai al lavoro nella camera incompiuta. Dopo circa 20 metri, nel corridoio discendente prima descritto, vi è un’apertura che comunica con un altro corridoio ascendente di dimensioni uguali a quello discendente. Questo corridoio ascendente è lungo 40 metri con una pendenza quasi identica a quella del corridoio discendente. Nel punto in cui i due corridoi si incontrano vi sono 3 grossi blocchi di granito, uno dietro l’altro, che impediscono l’ingresso del corridoio ascendente da quello discendente. All’estremità del passaggio della parte superiore del corridoio ascendente, presumibilmente a metà strada tra il lato nord e quello sud della Piramide, direttamente sotto il vertice, vi è una camera chiamata <<Camera della Regina>>. Essa misura più di metri 5,50 x 5,20 ed ha un soffitto aguzzo che arriva sino ad un’altezza di oltre 6 metri. Nella parte est c’è una nicchia, profonda metri 1,05, alta metri 4,50 e larga metri 1,50, progettata per ospitare una statua che però non vi venne mai collocata. Tale Camera contiene 2 pozzi ciechi uno sulla parete settentrionale ed uno su quella meridionale. Secondo numerosi studiosi questi pozzi senza sbocco avrebbero svolto la funzione di condotti di ventilazione o avrebbero fatto parte del labirinto che aveva lo scopo di disorientare i ladri di tombe od ancora avrebbero avuto una funzione astrologica. La continuazione del corridoio ascendente, dopo 40 metri, costituisce il celebre complesso architettonico interno alla Piramide di Cheope noto come <<Grande Galleria>>. Tale galleria è lunga 30 m. ed alta quasi 10 metri. Le sue pareti sono di calcare levigato e raggiungono un’altezza di 2,25 m. Alla base di ciascuna parete c’è un marciapiedi dell’altezza di 60 cm. e larghezza 50 cm. ed al centro è situato un passaggio ampio 1 metro. La <<Grande Galleria>> venne costruita con una pendenza di 26°. Alla estremità in basso della galleria in questione vi è un pozzo di luce provocato dalla rimozione delle pietre che una volta collegavano il pavimento col corridoio ascendente coprendo l’apertura del passaggio orizzontale che conduce alla Camera della Regina. Lo spostamento della pietra più bassa del varco mise allo scoperto un pozzo discendente verso la parete ovest del corridoio discendente. Una pietra sollevata di quasi un metro dalla pavimentazione ed ubicata alla estremità nord della <<Grande Galleria>> fornisce l’ingresso ad una strettoia bassa di circa 1,20 m. x 1,20 che porta alla Camera del Re. Ad un certo punto questo passaggio di calcare levigato si rende più largo costituendo una sorta di anticamera di granito rosso levigato. Poi il passaggio continua con la sua larghezza originaria inferiore a 1,20 m. sino alla Camera del Re. La Camera del Re è totalmente costituita da blocchi di granito rosso levigato misuranti quasi m. 5,20x10,40 m. per un’altezza di 5,80 m. Il soffitto è costituito da 9 lastre di calcare e raggiunge il peso di 400 tonnellate. Nelle pareti meridionale e settentrionale vi sono pozzi somiglianti a quelli che si trovano nella Camera della Regina. È probabile che i pozzi attraversassero l’interno della Piramide di Cheope sfociando sulla superficie. In direzione della parete occidentale è situato il sarcofago rettangolare di granito, senza coperchio. Molti egittologi asseriscono senza alcun dubbio che in quel sarcofago giacesse il corpo del faraone collocato in una bara di legno. L’enigma relativo al sarcofago della Camera del Re è che esso è più largo di 2,5 cm rispetto alle dimensioni del corridoio ascendente. Dal momento che è impossibile che il sarcofago stesso sia stato trasportato in camera tramite il suddetto corridoio, gli egittologi sostengono che dovette essere sistemato mentre veniva edificata la piramide.
La notte del 12 agosto 1799, quintidi della IIIª decade di Termidoro VII° anno della Rivoluzione francese(secondo il calendario repubblicano), un anno dopo il suo arrivo in Nord Africa, Napoleone Bonaparte decide di rimanere da solo nella Camera del Re della piramide di Cheope accanto (o dentro) al sarcofago di granito misterioso. Allo stesso modo, mutatis mutandis, Alessandro il Grande e Giulio Cesare vollero rimanere all’interno della stessa camera misteriosa perché entrambi credevano nelle proprietà magiche del luogo di iniziazione faraonica. Una reminiscenza dell’antico rito Hebsed? Napoleone credeva nelle proprietà magiche della piramide ritenuta <<una macchina per la resurrezione>> dei faraoni. Non avrebbe voluto rivelare quello che avrebbe subito o provato la notte trascorsa dentro la Camera del Re della piramide di Khufu nella fatidica notte del 12 agosto 1799, tre giorni prima del suo trentesimo compleanno, perché nessuno gli avrebbe creduto. Napoleone arriva a Giza verso le 16.30, momento in cui si vede il disco solare scendere a poco a poco verso l’occidente in direzione del deserto più profondo dietro la piramide di Micerino. Si comincia forse a scorgere nella volta celeste la Denèbola, la stella della costellazione del Leone [dall’arabo dhanab-al-(asad) = ‘coda del (leone)]. Due ore dopo, alle 18.00, Napoleone, Kléber e Buqtur decidono di entrare nella Grande Piramide.
Si è parlato da più parti di <<iniziazione della Grande Piramide>>. Secondo Eleanor Merry, autrice di The Flaming Door (La porta ardente), <<l’interno della Grande Piramide era una “casa della morte”, dove poteva compiersi la rinascita spirituale dell’iniziazione, e dove l’uomo poteva uscire dal corpo fisico nella trance mortale dell’iniziazione e ritornare, con la coscienza superiore, al luogo della sua origine…cioè ad una visione del mondo spirituale>>. Paul Brunton, in un suo saggio intitolato A Search in Secret Egypt, dichiara che dentro la Camera del Re <<regna uno strano freddo di morte che arriva fino al midollo delle ossa>>. Scrivono a proposito dell’esperienza del dottor Brunton, Max Toth e Greg Nielsen (Pyramid Power, tradotto in italiano con il titolo de L’energia della piramide, Edizioni Mediterranee, Roma, 2001, pp. 96-98): <<Dopo essersi seduto con le spalle contro il grande sarcofago, Brunton decise di spegnere la lampada tascabile. L’atmosfera nella camera, egli dice, era nettamente <<psichica>>. C’era qualcosa nell’aria. Si poteva avvertire una sconosciuta presenza negativa. Il dottor Brunton provò l’impulso fortissimo di lasciare la camera. Con uno sforzo di volontà, tuttavia, egli rimase, sebbene attorno a lui svolazzassero entità grottesche e deformi, che mettevano a dura prova la sua sensibilità e la sua lucidità. Dovette fare appello a tutto il suo coraggio per scacciare la crescente paura. La combinazione delle tenebre e delle presenze negative lo spinsero a ripromettersi che non avrebbe mai più trascorso una notte nella Grande Piramide. Poi, improvvisamente com’era apparsa, l’atmosfera negativa si dissipò. Brunton sentì dapprima un’atmosfera amica ravvivarsi nella camera. Poi scorse due personaggi che sembravano grandi sacerdoti. E di colpo, nella sua mente, udì le parole di uno di essi. Il sacerdote gli chiese perché era venuto, e se non gli bastava il mondo dei mortali. Brunton rispose: <<No, non può essere>>. Il sacerdote replicò: <<La via del sogno ti condurrà lontano dal grembo della ragione. Alcuni l’hanno percorsa, e sono tornati dementi. Volgiti ora, finché hai ancora tempo, e segui il cammino prestabilito per i passi dei mortali>>. Brunton insistette che doveva restare. Il sacerdote che gli aveva parlato si voltò e scomparve. L’altro invitò Brunton a stendersi sul sarcofago, come gli inziati dell’antichità. Brunton obbedì. All’improvviso, una forza scese su di lui. Dopo pochi secondi, si trovò ad aleggiare al di fuori del proprio corpo. Era in un’altra dimensione dove tensione e angoscia erano molto minori. Poteva scorgere una lucentezza argentea che collegava il suo nuovo corpo a quello giacente sul sarcofago. Fu invaso da un senso intensissimo di libertà. Più tardi, si trovò con il secondo sacerdote, il quale gli disse che doveva portare un messaggio al mondo. <<Sappi, figlio mio, che in questo antico tempio sta la documentazione delle prime razze dell’uomo, e del Patto che esse conclusero con il Creatore tramite il primo dei Suoi grandi profeti. Sappi, inoltre, che anticamente qui venivano condotti gli eletti, ai quali veniva mostrato il Patto, affinché potessero ritornare tra i loro simili e tener vivo il grande segreto. Porta con te questo ammonimento: quando gli uomini dimenticano il loro Creatore e guardano con odio i loro simili, come fecero i principi dell’Atlantide al tempo in cui venne costruita questa piramide, essi vengono schiacciati dal peso della loro stessa iniquità, così come venne distrutto il popolo dell’Atlantide>>. Quando il sacerdote smise di parlare, Brunton si ritrovò all’improvviso nel proprio corpo. Lo sentì goffo e ingombrante, in confronto a quello che aveva appena lasciato. Si alzò, indossò la giacca e controllò l’orologio. Era mezzanotte in punto, l’ora che viene abitualmente associata agli eventi più strani. Il suo subcosciente gli aveva giocato uno scherzo. E Brunton rise. Al mattino, si avviò verso l’uscita. Nell’andarsene, levò gli occhi verso il sole, l’antico dio egizio Râ, e lo ringraziò silenziosamente per la sua luce>>. La piramide di Cheope è, nell’opinione di Manly P. Hall, Autore del saggio The Secret Teachings of All Ages, pubblicato a Los Angeles (California) nel 1969, <<il primo tempio dei Misteri>>, il primo edificio atto a custodire le verità segrete che sono le basi di ogni arte e scienza. <<It was built so as to last forever>>. <<Hall è convinto che <<l’iniziatore>> o <<l’illustre>>, vestito d’azzurro e d’oro, e con la settupla chiave dell’eternità in mano, abitasse nelle profondità della Piramide. Gli uomini entravano dal portale, e ne uscivano simili agli dei, diventando gli illuminati dell’antichità. Nella Camera del Re veniva recitato il dramma della <<Seconda Morte>>: il candidato o iniziato veniva simbolicamente crocifisso e sepolto nel sarcofago. Un rituale di questo genere consentirebbe all’iniziato di vedere nella camera una soglia tra il mondo materiale e le sfere trascendenti della natura. Una parte del rituale sarebbe consistita nel colpire il sarcofago, traendone una nota che non avrebbe equivalenti in tutte le scale musicali conosciute. Dopo il compimento dei riti segreti, il neofito, sempre secondo quel che racconta Hall, rinasceva, o aveva l’esperienza di una <<seconda nascita>>, e di conseguenza acquisiva tutta la sapienza del mondo>> (ibid., p. 95). Per ricavare da un blocco di pietra il sarcofago della Camera del Re della piramide di Cheope ci voleva una sega con lame di quasi 3 metri e con denti a punta di diamante. Anche per formare l’incavo ci sarebbero voluti dei trapani con la punta di diamante, applicati con una forza pari a due tonnellate. Come, ed a quale scopo, poteva essere stato fatto tutto ciò? Se si colpiva il sarcofago esso emetteva un suono sordo simile a quello di una campana che risuonava per tutta la piramide. La Camera del Re ed il suo sarcofago dovevano forse servire ad emettere pulsazioni sonore o per diffonderle?
Nel corso della campagna napoleonica in Africa e Medio Oriente i francesi importarono a Parigi i riti massonici dall’Egitto, tra cui il cagliostriano Rito di Memphis. In realtà il fondatore del Rito di Memphis è Jacques-Étienne Marconis de Nègre (1795-1865) che istituisce nel 1838 tale osservanza iniziatica, la quale si farebbe risalire ad una tradizione templarista di Karl Gotthelf, barone von Hund e Alten-Grotkau. Marconis de Nègre struttura un complicato mito di fondazione del Rito di Memphis, <<facendo la solita affermazione che il rito risaliva all’antichità, precisamente a un gruppo chiamato <<Società dei Fratelli Rosacroce d’Oriente>>. La Società a sua volta era stata fondata da un sacerdote dell’antica religione egizia chiamato Ormus, convertito al cristianesimo da San Marco, i cui discepoli comprendevano membri degli esseni. Il mito di Ormus indica quattro influenze: Rosacroce, Egizi, essoterismo ebraico, in particolare per quanto riguarda la cabala (si credeva che gli esseni, a torto o a ragione, fossero cabalisti) ed esoterismo cristiano, di genere forse eretico>> (Lynn Picknett e Clive Prince, La rivelazione dei Templari. I custodi segreti della vera identità di Cristo, Sperling & Kupfer, Milano, 2004, p. 109). Giuseppe Balsamo, conte Alessandro di Cagliostro, si affilia nell’aprile 1777 alla massoneria britannica a Londra, nel quartiere di Soho in Gerrard Street. Nel 1788, su iniziativa di Cagliostro, viene costituito a Venezia il Rito di Misraϊm (termine ebraico che significa <<egiziano>>), che verrà esportato in Francia nel 1810 dai fratelli Bédarride ed incorporato al Rito Scozzese parigino (Marie Jean Vinciguerra, Garibaldi héros du Risorgimento e la maçonerie italienne, in <<L’Originel>>, n. 2, autunno 1995).
I Riti massonico-egiziani di <<Memphis e Misraim>> verranno riunificati in Italia nel 1881 da Giuseppe Garibaldi. All’estero i due riti saranno unificati nel 1899 sotto il Gran Maestro Papus, il quale ne rimarrà alla guida sino al 1918, anno della morte dello stesso Papus.
Bonaparte ed Auguste Kléber avrebbero ricevuto l’iniziazione e la filiazione al Rito di Memphis – stando a quanto scrive nel 1863 Solutore Zola e riporta Gérard Galtier – da <<un uomo di età venerabile, molto erudito nella dottrina e nelle tradizioni, che si diceva fosse discendente degli antichi savi d’Egitto. L’iniziazione ebbe luogo nella piramide di Cheope e ricevettero come unica investitura un anello>>. Napoleone apparteneva ad una misteriosa loggia nota come Hermes Egizio ed avrebbe ricevuto da una confraternita di sacerdoti egizi un amuleto egiziano che lo avrebbe preservato da ogni male; tale amuleto sarebbe stato smarrito da Bonaparte nella campagna di Russia. Questo amuleto, una collana pentacolare, dalla Russia sarebbe arrivata a Nizza solo nel 1947 e, nel 1956, sarebbe finita nelle mani del Generale e uomo politico israeliano Moshe Dayan il quale, alla sua morte, la ha affidata al Museo Israeliano di Gerusalemme. L’amuleto è un oggetto per lo più di piccole dimensioni, destinato a tutelare il proprietario in vita e nell’aldilà, garantendo la conservazione delle funzioni vitali e di alcune qualità (conoscenza, salute, bellezza etc.).Pare anche che molti componenti della spedizione egiziana di Napoleone (Monge, Norry, Saint-Hilaire) siano appartenuti alla Loggia dei Sophisiens, organizzazione massonica che annualmente si riuniva nella Parigi spiritualista rivoluzionaria per celebrare un particolare <<banchetto egizio>>. Si può parlare della permanenza egiziana e cairota del Bonaparte come di una <<esperienza mistica>> così come della sua avventura in Terra Santa sulle orme del Cristo e sul suo passaggio ai piedi del Monte di Mosè sul Sinai. Nel Levitikon, una versione del Vangelo di San Giovanni con contenuti gnostici (datato al XI o al XIII od ancora al XV secolo d.C.) da molti studiosi ritenuto un falso, Gesù viene presentato come un iniziato ai misteri di Osiride. In questa ottica si vede un riferimento alla tradizione segreta che metterebbe in connessione il sacerdote egizio Ormus con San Marco. Questo ci conduce alla parola Nazorean, Nazireo che fa di Gesù un iniziato eretico depositario di insegnamenti misterici. Il battesimo di Giovanni il Battista sarebbe stato un atto di iniziazione derivato dal culto battesimale egizio di Iside che si svolgeva sulle rive del Nilo. I Vangeli narrano che Giuseppe, Maria ed il piccolo Gesù fuggono in Egitto per sottrarsi alla strage ordinata da Erode il Grande. Gesù avrebbe trascorso l’infanzia in Egitto ed in questa chiave alcuni studiosi spiegano la mancanza di accento galileo in Gesù. San Marco e San Pietro sapevano che il Maestro aveva trascorso sei lunghi anni in Egitto dove il Figlio dell’uomo poteva aver ricevuto insegnamenti molto elevati. E proprio l’evangelista Marco nell’anno 67 d.C. si reca al Cairo che, all’epoca, è un centro ricchissimo di fedi (adepti del culto di Mitra, riti misterici di Adone, di Pitagora, di Orfeo e pochi seguaci del culto del disco solare di Eliopoli). Proprio in Egitto il piccolo Gesù (infante di 4 anni) viene chiamato <<Yeshua>> o <<figlio di Miriam>>.
Il Talmud non parla di Gesù come nativo della Galilea, né come originario di Nazareth, ma lo fa provenire dall’Egitto (un giudeo convertito ad un’altra religione) e lo descrive come iniziato alla magìa egizia arrestato perché accusato di stregoneria. Ed appunto, nel discutibile Levitikon Gesù è presentato come un sacerdote di Iside che riconosce nella religione egizia la fede originale di Mosè e delle tribù di Israele e creca di presentare ai giudei una versione accettabile della stessa religione egizia. In un suo importante saggio, S.G.F. Brandon nota <<l’evidente influenza delle feste di Iside sugli usi cristiani associati con l’Epifania>> (Dying God, <<Man, Myth and Magic>>, n. 26, p. 739). Basterebbe pensare ad Abu Sarga, l’antico nome con cui i cristiani copti chiamavano il complesso sacro di San Sergio al Cairo. Il tempio di San Giorgio è la prima chiesa cristiana del Cairo antico, edificata nel IV secolo sopra la grotta in cui Giuseppe, Maria ed il neonato Gesù cercarono rifugio durante e dopo la persecuzione di Erode il Grande. La Chiesa cristiano-copta <<è sempre rimasta un’entità distinta, indipendente dalla Chiesa di Roma e dalla Chiesa ortodossa orientale. Ancora oggi usa come simbolo l’ankh, la croce egiziana con un anello, e le sue dottrine sono un miscuglio di credenze cristiane ed egizie tradizionali. Come afferma Mircea Elide: <<I copti si considerano i veri discendenti degli antichi egizi>>>> (Lynn Picknett e Clive Prince, La rivelazione dei Templari. I custodi segreti della vera identità di Cristo, cit., p. 227, che citano Mircea Elide, The Encyclopedia of Religion, Macmillan, New York, 1987, vol. I, p. 85 ).
|
|